Azione e reazione

In linea con l’argomentazione che ho trattato nel precedente articolo riferendomi al principio del sen-no-sen, vorrei parlare (su richiesta dell’amico e karateka Fabrizio Frizzoni) del go-no-sen.

Prendo spunto dalle parole del maestro Alfredo Principato:

“Durante lo spazio-tempo in cui l’avversario attacca, ovvero porta a termine l’azione risolutiva, si esegue col massimo kime un forte bloccaggio, o una schivata accompagnata da una difesa. Da notare che queste reazioni difensive hanno la medesima durata dell’azione alla quale si replica più o meno simultaneamente con un appropriato contrattacco. Il ritmo e la distanza dell’avversario vengono in questo caso percepiti quando questi sta già portando a termine l’azione risolutiva.

Il principio del go-no-sen è in effetti uno dei più diffusi, in tutti i livelli di pratica. In quanto si può attuare quando l’avversario ha palesemente preso l’iniziativa, e in più richiede scarse capacità percettive. Tuttavia il suo corretto impiego, che può essere estremamente efficacie, presuppone una buona capacità di interpretare il ritmo dell’attacco, rapidità di esecuzione, una notevole forza esplosiva, e soprattutto una piena padronanza dell’assetto del corpo”.

Quindi concettualmente possiamo dire che il principio di difesa-contrattacco è il più “semplice” da un punto di vista di assimilazione del gesto funzionale ed esecuzione pratica. L’effettiva messa in atto presuppone una capacità fisica molto più ancorata alla parte esterna, materiale, ma non richiama quel fraseggio più interiore del concetto di anticipo, il così detto “attimo folgorante”. Caratteristica del sen-no-sen o in maniera ancora più radicata nel sen-sen-no-sen che si basa sull’intuizione (sakki) della possibilità di essere oggetto di aggressione.

Questi principi descritti in forma nettamente più pratica, e rivolti all’arte guerriera della spada nel “Libro dei cinque anelli” di Miyamoto Musashi, ne fanno uno schema strategico essenziale e fulcro del sistema azione-reazione nel combattimento.

Vorrei soffermarmi su questo argomento ed introdurre quelli che sono i possibili limiti della reazione:

“Sia per l’attacco che per la difesa (schivate, bloccaggi, contrattacchi) serve un processo <<occhio-decisione-azione>> che richiede un certo tempo. Per la difesa questo tempo è molto più lungo di quanto pensiate soggettivamente.

Più si è motivati, più si è aggressivi o arrabbiati, o ancora più si è giovani, più si attacca con dei <<pre-segnali>> e con <<richiami>> importanti (del piede, del corpo, ispirando o fermando il respiro) o con segni appena percettibili (nel viso, negli occhi, col corpo che prepara…) Questo risveglia intuizioni tali che un testimone potrebbe credere di assistere a una specie di trasmissione del pensiero. Allora è possibile anticipare in sen-no-sen. Lo spirito in questo caso è di non partire DOPO che l’avversario ha preso la decisione di attaccare e arrivare PRIMA di lui”.

In base a questa descrizione è evidente quali siano i limiti dell’agire go-no-sen. Ci sono anche molti altri fattori che influiscono in questo senso, uno fra tutti il principio per il quale <<Curiosamente, quando il pugno è chiuso, si verifica un rallentamento notevole verso il luogo dell’attacco, mentre se la mano è aperta vi è un’accelerazione continua>>, ma di questo magari ne parlerò in un altro articolo.

Nessuna possibilità preclude le altre, di conseguenza non vi è mai una tecnica funzionale a prescindere vista la quantità di variabili. Cercare di “viaggiare” negli atteggiamenti e nell’azione in base al contesto ambientale necessita di una certa qualità introspettiva, oltre che di un allenamento specifico. Del resto anche nella vita stessa un pugno non dato (simbolicamente) può fare più male di quello dato.

Bibliografia

“Fondamenti di Karate-dō” di Alfredo Principato.

“L’Arte Sublime ed Estrema dei Punti Vitali” di Fujita Saiko e Henry Pléè.

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