Anticipo o incontro

Ritorniamo a parlare di quel principio tanto amato nelle arti marziali che identifica un momento strategico essenziale, necessario alla comprensione ed assimilazione del gesto e della sua efficacia: il sen-no-sen. Nell’articolo che ho deciso di proporvi si approfondisce questa particolarità del nostro cervello di non cambiare direzione quando la decisione è stata presa. Un’ostinazione (come descritto nell’articolo) che spesso e volentieri produce più effetti negativi che positivi. Questa andrebbe altresì strutturata ed utilizzate nella maniere più opportuna visto che è parte integrante del reticolo genetico della nostra natura inconscia. Salvaguardare la nostra integrità attraverso il principio del sen-no-sen è di capillare importanza, sia per coloro che praticano arti marziali che per tutti gli altri. Coltivare questo meccanismo e renderlo funzionale all’azione richiede un particolare impegno interiore, necessario per favorirne la giusta fluidità.


Quando è stata presa una decisione il cervello si ostina nel portare a termine l’azione.

Un’altra stranezza del nostro cervello triunico si manifesta quando quest’ultimo decide un’azione di combattimento. Allora si comporta come un uomo <<testardo>> che si ostina a compiere del tutto quello che ha deciso.

Si tratta di un’ostinazione che può mettere gravemente in pericolo il padrone di questo cervello. L’avversario e… noi stessi. Visto che ciò che è valido per noi lo è nello stesso modo per lui su di noi.

[…]

Alcuni animali, dopo le loro prime difese <<in stato di disperazione>>, hanno tuttavia il riflesso di <<fare il morto>>, realmente incoscienti… cosa che probabilmente è una gentilezza della Natura perché vengono divorati dal predatore senza sentire dolore, come quando noi veniamo operati senza dolore da un chirurgo. Vediamo ora un’altra particolarità del cervello che si comporta da kamikaze deciso ad andare fino in fondo, ad ogni costo. E talvolta… questo costa molto caro.

Quando durante un combattimento grave il cervello dell’avversario decide un attacco e nel corso di questo attacco si rende conto di aver fatto un errore, il suo cervello rifiuterà sempre di annullare la sua decisione o di sospendere l’attacco (o la difesa) durante l’azione. E questo anche se vede che la catastrofe sarà inevitabile.

Questa <<ostinazione>> è di competenza dell’autosuggestione (subconscio/inconscio). Talvolta viene chiamata <<effetto sedia>> perché il cervello si comporta nello stesso modo quando si decide di sedersi su una sedia, e, quando la decisione è stata presa e si comincia a sedersi, anche se si vede che un burlone scosta la sedia… ci è impossibile fermare l’azione e cadiamo a terra.

Per questa ragione, in allenamento, è frequente iniziare un attacco con la decisione di arrivare alla fine… e di non potersi fermare nel corso dell’azione. Nel karate chi tra noi non ha mai <<lanciato un colpo>> (di pugno, di piede), visto che l’avversario metteva gomito o ginocchio in protezione… e si è ritrovato con un alluce o una mano ferita. È lo stesso per tutte le arti marziali, compreso il judo. Il famoso sen-no-sen* è basato su questa particolarità del cervello.

Ci sono soluzioni (che si possono combinare) per evitare questa particolarità del cervello.

La prima è avviare l’azione tanto in fretta quant’è possibile ma dolcemente senza cercare la partenza esplosiva (altrimenti non si possono evitare i <<richiami>> che mettono in allerta l’istinto di conservazione dell’avversario).

La seconda è partire come sopra, nella misura possibile, ma restare neutri mentalmente fino alla metà dell’azione (senza una velocità eccessiva) e di finire accelerando in velocità, a seconda di quel che fa l’avversario o di quel che scopre. Se la decisione estrema viene presa partendo dalla metà dell’azione, il nostro cervello non si opporrà all’azione e l’avversario sarà toccato senza aver avuto il tempo di fare qualsiasi cosa.

L’<<effetto sedia>> può essere esplosivo nella difesa. Bisogna adescare l’avversario in un modo qualsiasi per provocare il suo attacco e deviare quest’ultimo (contrattaccando allo stesso tempo) solo nell’ultimissimo momento, nello stadio in cui l’avversario è convinto che sta per colpirci. A questo stadio il suo cervello viene invaso da una sorta di soddisfazione (<<ecco fatto!>>); ha abboccato al nostro amo e non è più capace di fermare l’azione o di deviarla, né comandare una difesa. Se l’avversario ha impiegato tutta la sua energia per toccarci, può anche perdere l’equilibrio e cadere a terra. Una piccola spinta da parte nostra può aiutarlo. È il principio del tui-shou cinesi, che si potrebbe tradurre con <<spinta assorbente>>.

*Anticipo o incontro.

Vi rimando all’articolo pubblicato su Karate-dō Magazine “Sen-no-sen – L’attacco d’incontro”.

Tratto da “L’Arte sublime ed estrema dei punti vitali” di Fujita Saiko e Henry Plée.

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