Come già ho detto in altri articoli mi piace trascrivere e condividere con voi testi di particolare significato filosofico e concettuale, di natura estremamente funzionale alla vita e alla ricerca del proprio essere. Una vera condotta di vita, che necessita di coraggio e determinazione interiore. Quale testo migliore de lo Hagakure può rappresentare tutto ciò. Nonostante la durezza e l’estrema intransigenza, trovo nelle sue parole una sorta di status quietis. Forse per la necessità di cercare proprio questo tipo di intransigenza marziale che si contrappone in maniera forte e risoluta al modus operandi della società contemporanea, ovverosia la routine quotidiana che si identifica in superficialità e mancanza di valori comuni.
Probabilmente è per questo che leggendo lo Hagakure mi sento meglio, come fosse una cura di benessere. Un crogiuolo di grandi significati e risolutezza che necessita inesorabilmente di una giusta interpretazione. Non cercate qui le vostre risposte. Non leggete con l’intenzione di seguire un manuale di buona condotta. La giusta interpretazione è nell’identificarsi in tali scritture con il giusto distacco. La chiave del sapere e della ricerca risiede nella prospettiva.
Quand’ero giovane, annotavo tutti i miei sbagli in un “diario dei rimpianti”. Non passava giorno senza che lo aprissi venti o anche trenta volte. Un giorno compresi che sarebbe sempre stato così, e quindi decisi di smettere. Ancora oggi, quando medito sul giorno che è appena terminato, prima di addormentarmi, non c’è occasione in cui non riconosca di aver commesso qualche sbaglio. È quasi impossibile vivere senza fare errori. Soltanto i saccenti non vogliono ammetterlo.
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Tempo fa, un tale in viaggio per Edo, alla prima sosta scrisse subito una lettera raccontando i particolari del viaggio. Di solito, quando siamo molto occupati, ci dimentichiamo di scrivere agli altri; ma costui, ricordandosi di farlo, ha dimostrato di essere migliore di noi.
Tratto da “Hagakure. All’ombra delle foglie” di Yamamoto Tsunetomo.