Tutto ciò che è “AUTO” andrebbe preso in considerazione con serietà e vero interesse.
Badate bene, non intento la parola “automobile” quella è un’altra cosa, mi riferisco al lavoro personale che si fa interiormente al nostro essere (sia nel bene che nel male). Sto parlando di autoanalisi, autoconsapevolezza, autocoscienza, autorigenerazione, autoguarigione, ma anche autocommiserazione.
Continuamente si cerca di interpretare solo l’immagine riflessa di noi stessi, senza una reale consapevolezza di essa. Ci si adegua inconsciamente a delle strutture psicologiche imposte e canalizzate che non favoriscono tutto ciò che è “AUTO” nel bene. A peso morto e senza premura ci lasciamo trasportare dalla corrente di un fiume il cui corso non è deciso da un divenire universale rivolto all’AUTOREALIZZAZIONE, ma contempla esclusivamente un interesse, che tra le altre cose neanche ci riguarda direttamente. È sufficiente accorgersi che il fondo di questo torrente non è così distante dai nostri piedi. Basta alzarsi in piedi e fermarsi, ampliare la propria visuale e indirizzare lo sguardo verso la sorgente e intorno a noi per rendersi conto che c’è molto di più.
È importante lavorare con spirito di sacrificio, rendersi conto delle proprie debolezze e trovare sempre la giusta dose di coraggio necessaria a migliorarsi, senza per forza alimentare il desiderio di voler dimostrare.
Nell’estratto che ho deciso di condividere si parla di “AUTOESORTAZIONE”. Una sorta di dialogo con la nostra immagine riflessa. Vi ricordate la famosa scena del film Taxi Driver? Ovviamente tutto va interpretato secondo la giusta chiave di lettura.
Ogni qual volta esploro un particolare della mia interiorità, tengo a mente di cogliere la giusta distanza di prospettiva. Questo per me è fondamentale. Osservo l’infinitesima parte cercando di considerare la totalità.
Lavorate su tutto ciò che è “AUTO”.
Autoesortazioni
Alzarmi presto e andare a letto a mezzanotte, essere sollecito verso mio padre e mia madre, insegnare ai miei figli e ai miei allievi, andare d’accordo con i parenti, prendermi cura dei servitori e dei dipendenti, intrattenermi con gli ospiti, rispettare gli uomini di potere, compatire gli incompetenti, studiare la letteratura se mi resta dell’energia dopo tutte queste attività, ognuna delle quali è una mia aspirazione, ma più di nome che di fatto. Quindi non arrivo al limite massimo in niente di ciò che faccio. È sotto questo aspetto che devo compiere il maggiore sforzo di esaminare me stesso.
Non sono mai stato capace di sforzarmi al massimo nell’assistere i miei genitori.
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Ai miei figli e agli studenti insegno il minimo, eppure mi aspetto che ce la facciano. Anche se io non sono serio, insisto perché loro siano coscienziosi, anche se io non sono corretto, voglio che loro lo siano. La ragione per cui i miei figli e gli studenti non fanno progressi è che io sono poco critico con me stesso.
Il mio modo di trattare i servitori e i subalterni è di imporre loro di lavorare duro senza mai riposare. Mi aspetto tutto da tutti, e li tratto come se fossi un signore. Tutto questo perché me la prendo comoda, penso solo al mio vantaggio e non mi informo. Interiormente, non ho abbastanza virtù o intelligenza per influenzarli; esternamente, non ho gli strumenti per punirli o per ricompensarli. Perché dovrebbero essere leali? Se li costringo, alla fine loro si risentiranno. Inoltre sono avido, così quando i miei servitori o subalterni parlano di qualcosa che mi recherà vantaggio e arricchirà la mia casa, ne sono segretamente soddisfatto. Questo è davvero vergognoso.
Spesso con gli amici mi comporto come se non fossero miei pari. Orgoglioso del mio sapere, li guardo dall’alto verso il basso. Quindi, quando sono con loro, per una buona metà della giornata mi prendo eccessiva confidenza, trascurando le buone maniere. Non sono dignitoso o serio, e a tratti divento perfino frivolo e distratto.
I miei giudizi sono influenzati dai gusti personali, senza cautela. Questo richiede un esame di coscienza specifico. Con troppa facilità vado d’accordo con tutti perché sono orgoglioso del mio sapere e voglio che gli altri mi lodino. Di conseguenza le cose spesso vanno male, perché non mi assicuro di averli compresi a fondo.
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Sono influenzato dal guadagno e dalla perdita, così quello che dico può diventare intelligente, e apprezzo la velocità e la prontezza in ciò che faccio. Intento ad affermare me stesso, non penso a dare importanza agli altri. Con così poca virtù, vorrei realizzare le mie ambizioni. Questo è deleterio per gli altri, un’eredità disonorevole. Sono un criminale per il cielo e la terra! Se il mandato del cielo non mi favorisce, non è forse giusto? Perché non ci penso?
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Contravvenire alle norme universali per purificarsi è una premessa sbagliata. Desiderare affermare se stessi ma ignorare gli altri è disumano. Venire meno a un incarico precedente per aumentare la propria reputazione è sleale. Non schierarsi con i parenti perché vuoi mettere in risalto la tua pietà filiale è irriverente. Essere orgogliosi di aver fatto il proprio dovere è da ignoranti. Vedere che cosa è giusto ma non preoccuparsi di farlo è mancanza di coraggio.
Tutto ciò che dici o che fai, ogni parola che scrivi, ogni utensile che usi, manifesta il tutto presente in quel momento. Non dovremmo essere consapevoli di noi tessi?
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Il tempo ha una velocità che non può essere forzata. Confucio ha detto: <<Coloro che sono ignoranti ma vogliono fare le cose a modo loro, coloro che sono malvagi ma vogliono avere le cose a modo loro e coloro che essendo nati nell’epoca presente si comportano secondo modi antiquati, queste persone sono soffocate dalla sfortuna>>.
Zisi ha detto: <<Anche se è beneducato e ha mezzi, un uomo nobile non può agire senza un’occasione>>.
Meng-tzu ha detto: <<Anche se sei intelligente, è meglio non perdere tempo. Anche se hai un aratro, è meglio aspettare che arrivi la stagione giusta>>.
Tratto da “La mente del samurai. Il codice del bushido” a cura di Thomas Cleary.