La verità sulle arti marziali

Come annunciato nell’articolo precedente cercherò di rispondere ad alcune domande, sperando di fare più chiarezza su argomenti spesso vaghi e poco esaurienti.

Le arti marziali sono veramente efficaci?

Anche se la domanda sorge spontanea induce all’errore. Chiedersi se le arti marziali siano efficaci in una situazione reale, quando subentrano molti fattori di tipo psicologico e psicofisico, è normale, ma a lungo andare considerare solo questo aspetto porta a non progredire nella tecnica e nella forma. Così facendo il rischio di trovarsi in una situazione pericolosa è alto. Spinti da questo desiderio inconsciamente elaboriamo l’informazione e la realizziamo, ma sempre in assenza di una reale consapevolezza. Come aggiunta a questo fattore di rischio, c’è quella che io chiamo REAZIONE DI SCELTA. Nel caso di pericolo reale facciamo affidamento solo ed esclusivamente sulle capacità di artisti marziali e sulle tecniche di attacco e difesa apprese per fronteggiare la situazione. Niente di più sbagliato. Così facendo mettiamo da parte tante altre possibilità, che ci possono permettere di salvaguardare la nostra vita e quella delle altre persone. Andarsene da una situazione che potrebbe diventare pericolosa è molto più saggio.

Per rispondere in maniera concisa alla domanda posso dirvi che le arti marziali sono veramente efficaci se non vi trovate mai nella situazione di doverlo verificare realmente. Allenare l’occhio vigile e attento. Cercare di prevenire ogni situazione critica. Mantenere la calma e la lucidità anche in situazione di pericolo, la così detta mente imperturbabile. Sviluppare una buona dose di saggezza rivolta alla salvaguardia della propria vita e quella delle persone care. Questa è l’efficacia di una vera arte marziale.

Tra un artista marziale e un combattente di strada chi ha la meglio?

Sono così tanti i fattori e le variabili che è impossibile dare con certezza una risposta. In parte vi può aiutare il discorso sulla reazione di scelta fatto in precedenza. È utile comunque porsi alcune domande: Come sono finito in questa situazione? Perché questo individuo ce l’ha con me? Ed io cosa ho fatto?

Capite che subentra il discorso ambientale, la situazione, il fattore psicologico, quello di gruppo, la motivazione, la reazione, alterazioni psico-fisiche che influiscono sulla percezione e modalità di affronto.

C’è comunque un discorso da fare…

Una persona che sta bene, che ha lavorato profondamente su di sé, facendo un percorso rivolto all’auto disciplina, alla consapevolezza, e che basa la propria esistenza su concetti morali ed etici di alto livello e di qualità, secondo voi andrebbe in giro cercando di fronteggiare gli altri per dimostrare la propria superiorità? Non credo.

Un individuo disposto a fare questo parte da una condizione interiore molto disequilibrata, frutto di frustrazioni, rabbia e violenza. Tutto perché questo probabilmente è l’unico modo che ha per comunicare, o che gli hanno insegnato. È improbabile (ma non impossibile) trovarsi in una situazione critica all’improvviso, in maniera inaspettata ed imprevedibile. Sviluppare la capacità di prevenzione e cercare di allontanarsi quanto prima dal pericolo è sempre la scelta migliore.

Quale è l’arte marziale migliore?

Quella che ti rende un uomo migliore, senza dubbio. Non può esistere l’arte marziale senza l’uomo da forgiare. Senza uno spirito forte e audace, risoluto e attento che sappia dominare la tecnica e padroneggiare le proprie abilità. Il mondo ha bisogno di uomini con una certa profondità d’animo, che sappiano veramente dare qualcosa in più. Le dimostrazioni di esuberanza ed egotismo possono andar bene al massimo per qualche talk show.

Chi pratica sport da combattimento è più preparato di un artista marziale?

In questo caso la domanda ha poco senso. Un atleta di MMA o un pugile professionista è sicuramente più preparato di un karateka nell’affrontare un incontro su un ring, con regole e punteggi. Cambia lo scopo e la modalità di allenamento. L’approccio tecnico è totalmente diverso e l’aspetto interiore diverge su vari fronti, anche se alcune cose coincidono. Un atleta professionista si allena a ritmi altissimi solo per un periodo della sua vita, un artista marziale porta avanti la sua pratica per tutta la vita, come se affilasse la lama di una spada per trovarne il filo perfetto che non può esistere. La così detta Via () risiede nella ricerca. Il fine del combattente professionista è vincere l’incontro, classificarsi per la competizione e progredire per arrivare sul gradino più alto del podio. Questo perché è il suo lavoro e dall’attività agonistica ci ricava anche il guadagno per vivere. L’artista marziale non compete e non partecipa a gare di combattimento, vive il suo percorso come una filosofia di vita, trova nella pratica del kumite un ulteriore approccio con la propria interiorità. Attenzione: nelle arti marziali per “kumite” non si intende “combattimento”. Questo è un grave errore. La parola “kumite” si può tradurre in “incontro di mani”. Lo scopo ultimo non è vincere l’avversario dimostrando di essere più forti e preparati, ma bensì quello della crescita reciproca dei praticanti.

Alcuni principi morali a livello sportivo sono comunque simili a quelli di un arte marziale. Sicuramente il rispetto nei confronti dei compagni di allenamento e dell’avversario durante il combattimento. La disciplina e il rigore necessario all’atleta per progredire e raggiungere livelli tecnici così alti da dominare nelle competizioni. L’acquisizione di una maggiore consapevolezza anche a livello emotivo e psicologico. Fattore determinante per la riuscita nelle varie competizioni, soprattutto a livelli professionistici, dove lo stress è molto alto.

Quindi, per tornare alla domanda non credo si possa dare una risposta esauriente, viste le numerose differenze che vi sono tra un atleta di sport da combattimento e un artista marziale.

La cosa che vorrei sottolineare è che comunque chi pratica sport da combattimento ed ha trovato in quel contesto il suo linguaggio e il suo modo di esprimersi non potrà mai praticare seriamente le arti marziali. Viceversa un artista marziale non potrà mai essere un combattente da ring.

Se poi la vostra curiosità è: Chi vince in un combattimento su un ring, per esempio, tra un atleta professionista di MMA e un praticante di Karate tradizionale? Oppure: Chi avrebbe la meglio in strada durante uno scontro reale? Be questo lo lascio alla vostra immaginazione.

A cosa servono i kata?

I kata (o forme) sono presenti in maniera netta in ogni arte marziale tradizionale. Racchiudono in se la globalità stilistica e tecnica dell’arte che si pratica. Sono delle sequenze di movimenti che il praticante si porta dietro tutta la vita e che perfeziona e comprende gradualmente nel corso della sua crescita come artista marziale. In qualche modo possiamo raffigurare i kata come le radici di un albero, senza di essi non esisterebbe l’arte marziale, e le tecniche espresse sarebbero prive di fondamento.

Ecco perché la pratica costante dei kata è di fondamentale importanza. Da una parte permettono di apprendere appieno i principi stilistici della disciplina che si pratica e dall’altra di assimilarne gradualmente l’essenza nel tempo.

Considerando questa premessa, rispondo alla domanda:

I kata come primo approccio servono a capire se le arti marziali fanno per te.

Chiunque sia attirato dal combattimento e dallo scontro diretto, ed inizia a praticare arti marziali tradizionali, si troverà a dover apprendere la gestualità dei kata. Se in essi il praticante troverà una sorta di misteriosa fascinazione è probabile che il percorso intrapreso sia quello giusto. Al contrario se l’esecuzione dei kata viene vissuta come un momento di noia o forzatura allora significa che probabilmente la direzione migliore è quella dello sport da combattimento (pugilato, mma, karate sportivo, ecc). Molte persone, anche praticanti, si domandano inizialmente se i kata possono essere utili in una situazione di reale pericolo. Questa palese ignoranza è anche comprensibile, vista la natura criptica e misteriosa dei kata. Essi non sono (volutamente) decifrabili se non dopo molti anni di pratica. Questo anche per creare una sorta di selezione.

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