L’argomento di cui mi accingo a parlare è di grande dibattito, e molto spesso quello che si legge crea più confusione che altro. Mi riferisco alla differenza tra artista marziale e combattente.
Si potrebbe scrivere un libro a riguardo. La tematica è molto ampia e personalmente non ho mai letto sia nei libri che sul web articoli che chiariscano le idee.
Una differenza fondamentale che non scinde assolutamente dalla pratica, ma anzi ne crea la sua struttura portante, collegandola all’aspetto teorico e filosofico di approccio diretto.
Molte sono le domande e di vario genere e tonalità le variegate risposte:
Le arti marziali sono veramente efficaci?
Tra un artista marziale e un combattente di strada chi ha la meglio?
Quale è l’arte marziale migliore?
Chi pratica sport da combattimento è più preparato di un artista marziale?
A cosa servono i kata?
….. ecc
Prima di rispondere a queste domande (che farò nel prossimo articolo), credo si possa estrapolare concettualmente il significato della differenza tra artista marziale e combattente, da questa parabola che ho deciso di condividere.
La parabola del gallo da combattimento
Questa parabola è stata composta da Mishotsu, un discepolo della scuola di Lao Tse*, ed è narrata qui da Taisen Deshimaru:
<< Un re desiderava avere un gallo da combattimento molto forte ed aveva domandato ad uno dei suoi sudditi di prepararne uno. All’inizio, questi insegnò al gallo la tecnica di combattimento. Dopo dieci giorni il re domandò: “Si potrebbe organizzare un combattimento con il gallo?” Ma l’istruttore disse: “No! No! È forte, ma questa forza è vuota, vuol sempre combattere; è eccitato e la sua è una forza effimera”.
Dieci giorni più tardi, il re domandò all’istruttore: “Si può, quindi, organizzare questo combattimento?” “No! No! Non ancora. Si irrita ancora, vuol sempre combattere. Anche quando sente la voce di un gallo, da un villaggio vicino, si mette in collera e vuol battersi”.
Dopo altri nuovi dieci giorni d’allenamento, il re domanda di nuovo: “È possibile ora?” L’ammaestratore rispose: “Ora non si eccita più, se ascolta o vede un altro gallo, resta calmo. La sua posizione è giusta ma la sua tensione è forte. Non si mette più in collera. L’energia e la forza non si manifestano in superficie”.
“Allora va bene, per un combattimento?” disse il re. L’allevatore rispose: “Forse” Si portarono numerosi galli da combattimento e si organizzò un torneo. Ma i galli da combattimento non potevano avvicinarsi a quel gallo. Fuggivano impauriti! Così, non ci fu bisogno di combattere. Il gallo da combattimento era diventato un gallo di legno. Aveva oltrepassato l’allenamento dei waza**. Aveva interiormente una forte energia che non si manifestava esteriorizzandosi. La forza si trovava quindi in lui, e gli altri non potevano che inchinarsi davanti alla sua tranquilla sicurezza e alla sua vera forza nascosta >> (DESHIMARU s.d.:68-69).
* Filosofo e scrittore cinese antico del VI secolo a.C., presunto autore del Tao Te Ching e fondatore del taoismo. Nel I secolo d.C., divenne la principale divinità del pantheon taoista. (Fonte: Wikipedia)
** Tecnica
Tratto da “L’etica del bushidō. Introduzione alla tradizione guerriera giapponese” di Mario Polia.
Capite adesso la differenza? Se avete dei dubbi vuol dire che ancora la ricerca è lunga, ma del resto non si dovrebbe mai smettere di imparare. In base alla mia esperienza personale posso dirvi che l’artista marziale che combatte senza combattere, che agisce senza agire, e che si destreggia nell’arte della spada senza spada, è la risposta. A voi la scelta.