Senza conoscere illusione o illuminazione, Da questa pietra osservo le montagne, odo il torrente. Una pioggia di tre giorni ha pulito la terra, Un rombo di tuono fende il cielo. Sempre sereni sono i fenomeni concatenati. E anche se la mente è sveglia, è solo un mucchio di cenere. Infreddolito, pallido come la foschia nella quale mi muovo, Ritorno, tenendo sul braccio un cesto colmo di pesche. GENKO (?-1505) Il nulla di Joshu Terra, monti, fiumi – celati in questo nulla. In questo nulla – terra, monti, fiumi rivelati. La primavera fiorisce, l’inverno fa scendere la neve: Non vi è essere o non essere, non vi è neppure negazione. SAISHO (?-1506) Non è la natura che sostiene l’utilità. Guarda! Persino l’albero senza radici è gonfio Di fiori, né bianchi né rossi, ma belli ugualmente. Quanti possono vantarsi di una primavera così bella? GUDO (1579-1661) Presi nel vortice delle tre passioni, si diventa ciechi; Chiusi al mondo delle cose, gli occhi vedono nuovamente. In questo modo io vivo: calzato un cappello di paglia, bastone [in mano, Mi muovo in uno spazio senza limiti, per la terra, per il cielo. UNGO (1580-1659) Contento di una ciotola ammaccata e di povere vesti, La mia vita scorre serena. Il mio unico compito: alleviare la fame, la sete, Indifferente al mondo che mormora. TOSUI (?-1683) Quando sei vivo e morto insieme, Completamente morto per te stesso, Quanto diventa magnifico Il più piccolo piacere! BUNAN (1602-1676)
Tratto da “Poesie Zen” a cura di Lucien Stryk e Takashi Ikemoto.
Immagine di copertina © Federico Marcantoni