Il restauro in genere è qualcosa di molto affascinante. Tutto iniziò in un mercatino dell’usato. Andai per cercare delle attrezzature da palestra, in particolare mi interessava un sacco per allenarmi nelle tecniche percussive di attacco (atemi waza, utilizzando un termine che viene dal mondo delle arti marziali). Tra le varie cianfrusaglie non vidi neanche l’ombra di quello che stavo cercando, ma la mia attenzione venne catturata da un pezzo di ferro arrugginito, pieno di ragnatele e polvere. Ora io non so assolutamente il motivo, ma non appena mi avvicinai a quel ferro vecchio l’unica cosa che mi venne in mente fu quella di riportarlo in vita. In qualche modo colsi in quel brutto anatroccolo qualcosa di sublime. Così è nata la mia passione per il restauro di biciclette.
Qua potete vedere una Lygie da passeggio, che mi ha fatto dannare soprattutto per il ripristino del sistema frenante a bacchetta. Il risultato finale è notevole, ma la cosa più affascinante è stato tutto l’iter e le varie fasi del lavoro. Come un viaggio verso una meta prestabilita non è tanto l’arrivo che fa l’esperienza, ma il percorso ed il metodo usato per arrivarci.
Ho visto in questo processo una sorta di metafora alchemica. Le cose fatte con le proprie mani, non solo ti danno più consapevolezza dell’oggetto, ma riescono anche a fartelo guardare con amore sincero.




