L’arroganza del sapere e del bisogno necessita di un lavoro esistenziale basato principalmente sugli altri, e sul rapporto con essi. Vi è una branca di pensiero che esprime il proprio giudizo in merito e che descrive l’arrogante come un disperato, che per farsi accettare è costretto a travestirsi da umile e modesto.
<< … Ma i bisogni di potenza devono scendere a patti con i bisogni di comunità, che impongono una censura ai bisogni di potenza per evitare il rischio che il soggetto venga emarginato o comunque punito dalla comunità a causa della sua arroganza, anche detta “superbia”. Per effetto di tale censura, luna persona può essere spinta a nascondere la sua eventuale superiorità dietro una maschera di modestia e umiltà più o meno convincenti. >>
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In questo caso l’unica cosa che risulta veritiera è la sincerità d’animo. Questa può essere tutto nello stesso tempo, esprimersi e cambiare, rimanendo qualcosa di reale. La sincerità d’animo non ammette maschere o fratture esistenziali, nessuna parola a dispetto di un’altra, o comportamenti avventati.
Questo è molto importante: la sincera arroganza è sicuramente più apprezzabile della falsa modestia, ma non per questo è da considerarsi virtù.
Friedrich Nietzsche, Umano troppo umano, 1878.
Da niente bisogna guardarsi tanto come dal crescere di quella malerba che si chiama arroganza e che rovina in noi ogni buon raccolto; perché si dà arroganza nella cordialità, nell’ossequio, nella benevola confidenza, nella carezza, nell’amichevole consiglio, nella confessione di errori, nella compassione per gli altri, e tutte queste belle cose destano avversione, quando quell’erba vi cresce frammezzo.